Festa della Repubblica e sovranità popolare.

Aderisco volentieri ad una iniziativa diffusa in rete in occasione della Festa della Repubblica.
In una società che troppo spesso tende a dividere, qualcuno ha pensato di riscoprire la unità attraverso la Costituzione. Si tratta di celebrare la Festa della Repubblica “adottando” un articolo della Costituzione, cioè leggendone il testo in un video diffuso online.

Personalmente preferisco scrivere ed ho scelto il capoverso dell’articolo 1 della Costituzione: La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Ho scelto questo testo perché oggi in molti rivendicano la sovranità popolare; molti si spingono a reclamare ed enfatizzare questo potere “popolare”; molti, purtroppo, cadono in un populismo di pessima fattura che ci sta conducendo a livelli miserevoli. Pochi ricordano la seconda parte di quel capoverso: sarà pur vero che la sovranità appartiene al popolo, che, però, la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Qualcuno, pur di rivendicare la sovranità popolare, sarebbe disposto a fare della Costituzione carta straccia. Invece, caro popolo, sappi che il tuo potere si esprime nel rispetto degli organi costituzioni (che non a caso vengono chiamati “organi sovrani”) e nel rispetto delle istituzioni.
Conseguenza? Le decisioni “politiche” devono essere prese da organi rappresentativi del popolo. Dagli organi, non direttamente dal popolo. Chi fa credere il contrario, dice sciocchezze. Dunque, non fatevi troppi “grilli” per la testa facendovi prendere in giro dalla tanto enfatizzata “democrazia del web”.

L’utilizzo della parola “grilli” non è casuale. Sapete cosa diceva un tale che si chiamava don Luigi Sturzo, già una ottantina di anni fa? Che “Tutti parlano della crisi della democrazia, ma è difficile trovare due persone che siano d’accordo su ciò che è la democrazia e che possano dire allo stesso modo in che cosa consiste la crisi”.
Forse bisognerebbe prima di tutto intendersi su cosa significhi “democrazia”, al di là del noto significato etimologico per cui democrazia evoca una forma di organizzazione politica in cui il potere è affidato al popolo.

Una risposta si può trovare proprio riflettendo sulla specificazione che la sovranità appartiene  al popolo. Negli Atti della Assemblea Costituente si legge che la scelta di questo verbo, appartiene , fu oggetto di vivace dibattito. Una parte dei costituenti insisteva nel sottolineare che in una democrazia la sovranità non può che risiedere nel popolo. L’altra prediligeva invece l’idea di una sovranità che emana o promana dal popolo, quale fondamento di ogni potere costituito. Al fondo di questa divergenza di vedute, la sempre irrisolta polarità tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa.

La tensione tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa permane ora come allora irrisolta nel dibattito pubblico. Capisco che le nuove tecnologie ci facciano esaltare idee come e-democracy , e-governance , e-decision-making , e-consultation, e-participation,   e-government . Qualcuno ha parlato anche di global agorà , che come neologismo tra inglese e greco mi sta più simpatico.
Sono aspirazioni – che piaccia o no a qualcuno – che hanno fatto emergere alcuni preoccupanti aspetti di criticità. Perché la Costituzione non si limita ad affermare che la sovranità appartiene al popolo, ma precisa che tale sovranità popolare: “nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

Quanto ai  limiti  della democrazia, è sufficiente richiamare l’insegnamento intramontabile di Montesquieu, secondo cui ogni potere – politico, economico o giuridico – che non conosca limiti strutturali diventa facilmente tiranno. Sicché occorre che il potere limiti il potere.
Non si sottrae a questa legge delle umane vicende neppure l’esercizio del potere parte del popolo e della sua sovranità. Tzvetan Todorov, scriveva che “…il popolo è e rimane sovrano, ma il suo potere è limitato: deve fermarsi alle frontiere della persona. La relazione che si stabilisce tra sovranità del popolo e libertà della persona è quella di una reciproca limitazione.”

Quanto alle  forme  in cui si esprime la sovranità popolare, la democrazia voluta dalla nostra Costituzione trova il suo asse portante nella democrazia rappresentativa.
Nella Costituzione italiana il popolo può svolgere solo una funzione correttiva, ma non mai sostitutiva rispetto al Legislatore.

Lo strumento perché il popolo si esprima è solo uno: quello elettorale, secondo le regole proprie ma che trovano comunque ragioni in principi garantistici di tipo costituzionale. Da qui, si va verso la conclusione: quando votate, caro popolo, aprite gli occhi e badate bene dove mettete quella croce. Lasciate perdere clientele e prebende e provate a scegliere, se non qualcosa di buono, quantomeno il meno peggio. Non vi esaltate troppo per i “web-partiti”, che vivono, molto più di altri, in un quadro di individualismo diffuso, diventando il canale per l’affermazione di leader carismatici che si credono onnipotenti. E ricordate che il popolo presupposto dalla Costituzione somiglia molto a quello descritto da De Tocqueville: “…un corpo sociale insonne, in fermento tanto nella vita politica come nella società civile, impegnato in un movimento continuo, in cui tutti gli uomini marciano insieme verso un unico scopo; ma non tutti sono tenuti a marciare sulla stessa via”.

C’è una complessità che deve ricomporsi in scelte condivise; c’è una pluralità che deve trovare un orientamento comune. Nella democrazia rappresentativa, ogni decisione politica scaturisce necessariamente da processi di confronto, dibattito, mediazione, alla ricerca dell’interesse generale e del bene comune possibile. Occorrono soggetti e procedure di mediazione, canali di comunicazione, luoghi di composizione e di incontro perché dall’interesse particolare possa emergere il bene comune.

La democrazia rappresentativa, necessita dei partiti politici. Ad essi è affidato il compito di mediazione tra la società civile, con il suo pluralismo, e le istituzioni rappresentative. Oggi molti segnalano la crisi dei partiti o, quantomeno, la loro profonda trasformazione. I partiti sembrano perdere il loro ruolo centrale a fronte della pervasività comunicativa dei media e dei nuovi media, che favoriscono l’emergere di singole personalità carismatiche.
La personalizzazione ed il carisma mediatico aumenta; i partiti si indeboliscono. A mio parere, il fenomeno è molto pericoloso. Perché ci si ritrova “da soli” nella rete, proprio come dei pesciolini. Risultato? La polarizzazione dell’opinione pubblica, l’eterodirezione e la disinformazione. In fondo, niente di nuovo sotto il sole: si tratta dei problemi eterni della democrazia e della politica: propaganda, informazione unilaterale, censura, estremismo, ideologia, fanatismo, pura e semplice falsità.

La soluzione sta nel percorso della conoscenza. Quella che si chiamerebbe formazione.
Bisogna formarsi a saper discernere le informazioni. Saper leggere, approfondire, sindacare le fonti. Non seguire il gregge belante o il pifferaio magico di turno.

Caro popolo, lascia perdere le barricate, le rivolte, le manifestazioni di piazza, i gilet, i vaffa day…e non so cos’altro. Popolo, studia, formati, leggi, rivendica la tua libertà culturale. Esprimi opinioni, confrontati, cresci intellettualmente. È così che potrai offrire correttamente il tuo contributo essenziale alla democrazia, basata su una autentica sovranità popolare.

Buona Festa della Repubblica.